benessere

“Di dieci cose fatte, te n’è riuscita mezza, li dove c’è uno strappo, non metti mai una pezza” e di altri modi per non star nel presente

Tornerò alle origini, torno a te che sei per me, l’essenziale.

Marco Mengoni.

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Il passato e il futuro convergono nel presente. È l’unica dimensione in cui viviamo, ma il passato interferisce, a volte intrappolandoci, con conseguenze sullo sviluppare stati depressivi, mentre vivere rilanciati nel futuro può incastrarci in pensieri ansiosi. Il presente è l’unico tempo che viviamo. Ma spesso non lo viviamo. A tal punto che dimentichiamo dove abbiamo parcheggiato la macchina. Perché attiviamo processi automatici che non richiedono la presenza di consapevolezza. Ma questa mancanza di consapevolezza ci fa perdere occasioni e informazioni importanti, ci può portare a quello che consideriamo una naturale distrazione ma che ci fa mettere a rischio i rapporti e la nostra sicurezza. Sviluppare la capacità di essere più consapevoli ci fa vivere meglio, abbandonando stress e ansia.

In che modo posso essere più consapevole? Come posso essere presente e attivo nel mio presente? Allenando quella parte sensoriale della nostra comprensione, che ti tiene ancorati a quello che ci sta accadendo intorno.

Ogni persona può sperimentale esperienza del tempo presente. È un’abilità di base, una dotazione che ci viene data alla nascita e si sviluppa nel tempo, ma che abbiamo un po’ messo da parte, assorbiti completamente dalla percezione del tempo come qualcosa di reale, come se potesse esser fattibile rivivere nel passato (non rivivere il passato) e proiettarci nel futuro.

Aumentare la consapevolezza, diminuisce lo stress, allontana dal passato e dal futuro, allontanando pensieri depressivi e ansiogeni. Vivere contemporaneamente mettendo in atto automatismi e mandando mail e rispondendo ai quesiti sulla vita che ci pongono figli, amici  e compagni, cerando di ricordare dove abbiamo lasciato le chiavi della macchina, ci costa. Ci costa in termini energetici. Perché noi abbiamo una dose di energia cognitiva e la disperdiamo spostandoci continuamente da un compito all’altro, da una soluzione da trovare ad un problema da creare. Ci costa perché produciamo un sacco di cortisolo (che in dosi elevate, non fa proprio bene) ma non ce ne accorgiamo perché ci sentiamo soddisfatti, grazie alla dopamica che maschera con la sua sensazione di gratificazione, lo stress cui ci sottoponiamo.

Il corpo è fisso nel presente ma la mente vaga spesso in quanto è accaduto in precedenza, incastrandosi nei pensieri controfattuali del “come sarebbe andata se”. Siamo attaccati al giudizio. Oppure proiettiamo tutto nel futuro e immaginiamo cosa può accadere di disastroso o difficile da affrontare, e questo crea ansia. Lasciamo il nostro corpo in un posto e andiamo altrove. E in quell’altrove incastriamo il corpo in un stato di malessere.

La depressione sta diventando una malattia che nel tempo è destinata a superare le altre nel corso degli anni in termininumerici. Eppure siamo più ricchi. Eppure abbiamo più cose, ma non abbiamo quello che ci serve per esser felici. O quantomeno, per provare benessere. Perché tutto quello cui siamo sottoposti aumenta lo stress. E lo stress, sebbene non sia una malattia, se protratto ha effetti dannosi sul nostro cervello. E siamo così abituati a stressarci, che lo facciamo costantemente.

Siamo infelici perché ci distraiamo mentre facciamo qualcosa. Non siamo presenti in quello che stiamo facendo. Tutta colpa dei social network. No. Non proprio. Colpa nostra che non riusciamo a stare nel presente, che ci proiettiamo su quello che dobbiamo far poco dopo, che non stiamo nel flusso, che mettiamo troppe cose nel presente.

Spesso siamo anche noi ad aumentare il nostro dolore e la nostra sofferenza con l’ipersensibilità e l’iperreattività verso cose da nulla, e talvolta prendendo le cose troppo personalmente.

Dalai Lama.

Fermati. Respira (e spero tu lo faccia bene). Stacca tutto. Cosa sta accadendo intorno a te? Che odori senti? Che rumori? Cosa stai vedendo?

La dott.ssa Manuella Crini opera nel campo del benessere, fornendo consulenze volte ad identificare cosa ci fa star male e trovare soluzioni adatte a migliorare la qualità della vita.

Pensieri su giornate speciali

Di papà e occhiate severe

Un bambino è un amore diventato visibile.

Novalis.

19 marzo. San Giuseppe. Il papà del figlio di Dio. Quello che si è preso cura di un bambino crescendolo come se fosse suo. Come per ogni festività circolano mille motivi sul perché oggi si debbano festeggiare i papà, ma la storia si basa sulla memoria e la memoria è fallace. Eccome se lo è. Ma poco importa perché sia nata, è importante che ci siano quei giorni in cui spendere un pensiero, per la propria infanzia, per il papà che si è, per il papà che si vorrebbe essere, per il padre che si vorrebbe per i propri figli. Il ruolo del papà è cambiato nel tempo. Il papà autoritario con il quale si minacciavano i figli (guarda che stasera lo dico a tuo padre), quello a cui bastava un’occhiata per zittire un capriccio, quello cui si nascondevano segreti, quella figura lì, si è trasformata. Il papà di oggi è un papà che sa cambiare un pannolino, che si sveglia la notte per preparare il latte, quello che sa se il figlio sta studiano gli Assiri o i Sunniti.

E cosa è cambiato nei figli di questi papà? Si può sopravvivere senza una figura paterna in grado di trasmettere regole e forza con autorità? Si. Al bambino serve amore. Questo è stato dimostrato con un esperimento che ora sarebbe irripetibile perché siamo diventati forse un po’ più umani. Piccole scimmie appena nate venivano tolte alla mamma e messe in una gabbia dove era presente un surrogato caldo (un peluche) e un surrogato freddo ma con vicino del cibo. Ora che vi siete inteneriti, vi lascio immaginare la scelta delle piccole scimmie. Il surrogato caldo. Perché un bimbo, ha bisogno di amore. È un bisogno primario, una base su cui crescere. Una base dalla quale si può partire e nella quale entrano in gioco regole e moralità.

I papà di oggi assomigliano meno al papà freddo nelle stampe di un tempo che diventa sempre più lontano. E assomigliano sempre di più al caregiver di cui il figlio ha davvero bisogno.

Essere papà è difficile tanto quanto essere mamma. Sono ruoli complessi, che prevedono l’espletamento di tante funzioni. Il manuale del perfetto genitore non esiste. Perché non si chiede di esser perfetto. Ma sufficientemente buono.

La dott.ssa Manuella Crini si occupa di sostegno alla genitorialitá

#pensieriallacaffeina

La metà della mela #pensieriallacaffeina

 

Tra tutte le persone sei la sola che colma perfettamente lo spazio che ho tra le dita

Mr. Rain

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Chissà come venne in mente a Platone che la luna avesse caratteristiche sia del Sole che della Terra e che avesse generato un Ermafrodita. Un essere a 8 zampe, completo di entrambi gli organi genitali che si muoveva facendo capriole ed era arrogante, così tanto da sfidare gli Dei che decisero di tagliarlo a metà. Una metà maschile e una femminile, destinata a rincorrersi per cercare di unirsi di nuovo. Ed ecco che l’amore, quella ricerca costante della propria metà sembra essere l’unico modo per sanare un essere vivente ferito e mutilato nella sua perfezione. Eros promette felicità e guarigione.

La ferita che costantemente ci dovrebbe ricordare che siamo incompleti è l’ombelico. Quel piccolo foro sul ventre, posto appositamente dove lo si potesse vedere per tener a bada l’arroganza. Si. Siamo stati separati da qualcuno, e il taglio netto con quella persona è avvenuto proprio in quel punto. Ma non era una metà della mela.

Siamo nati interi. Con l’enorme potenziale di poter essere felici. Abbiamo una produzione integrata di endorfine, dopamina, adrenalina, serotonina. E allora da dove nasce questa ricerca dell’amore come promessa di felicità e guarigione? Perché ci sentiamo completi quando troviamo la persona che colma perfettamente lo spazio tra le dita?

L’amore crea una dipendenza, forse è una delle sostanza che crea maggior dipendenza. Hai bisogno di vedere quella persona, vai in astinenza se non la vedi e le ricadute sono elevatissime. L’amore ha una forza incredibile sul nostro cervello, fino a spegnere la paura.

Siamo esseri completi, pensanti, creativi, ci siamo trascinati per secoli i miti che ci piacevano di più fino a farli entrare nel DNA. Quella sensazione di completezza stringendo la mano della persona amata, è un gioco di neurotrasmettitori che ci fa credere che sia così, che quella persona sia legata a noi con un filo rosso. Quando creiamo con quella persona un progetto di vita insieme e siamo disposti a scendere a compromessi con quella dipendenza, che diventerà altro, ma altrettanto forte, abbiamo trovato il giusto posto dove incastrare la nostra interezza.

 

La dott.ssa Manuella Crini si occupa di percorsi di sostegno psicologico relativi alle problematiche affettive e relazionali, sia individuali che con la coppia.

#pensieriallacaffeina

dove nascono i legami affettivi #pensieriallacaffeina

I legami affettivi iniziano a costruirsi quando inizi ad immaginarli. Siamo così strani che ci basta formare l’idea di qualcosa che già riusciamo ad appiccicarci un’emozione sopra

 

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Quando si forma il legame con il proprio figlio? Inizia prima che inizi a respirare una volta fuori dall’utero. Inizia prima che inizi a scalciare dentro la pancia facendo sentire tutta la sua forza e il suo carattere. Inizia quando iniziamo a pensarlo. Conosciamo molto dei legami affettivi e della loro importanza nello sviluppo del benessere dei figli, rapporto che prende sostanza quando possiamo guardarli e che non sono più legati al nostro corpo. Iniziamo a conoscere molte cose anche di come l’idea che i genitori si fanno del bambino influenzerà quel legame nel tempo. E’ una relazione? In una relazione si è in due, qui è “solo” la mamma che pensa il suo bambino, gli attribuisce sentimenti, emozioni e sensazioni. Forse non è la relazione classica. Ma è un precursore molto importante

 

La dott.ssa Manuella Crini si occupa di sostegno alla genitorialità, in ogni suo aspetto, fornendo un sostegno in ogni tappa del percorso che ci porta ad essere genitori