Difficoltà psichiche

Ba Ba Baciami piccina con la bo bo bocca piccolina. Anzi, no.

Mi ha accarezzato i capelli e il mio cuore ha martellato così forte che ho pensato: se mi bacia, muoio.
Stefano Benni.

La bocca è fatta per mangiare, per respirare, per parlare, per mordere, ma non per baciare. Il bacio lo abbiamo inventato noi, non ha carattere universale e nemmeno umano. Alcune popolazioni native americane hanno scoperto il bacio solo dopo la colonizzazione europea. E’ quindi molto probabilmente una pratica inventata e diffusasi tardi nella nostra storia, anche se ci sono testimonianze in sanscrito, datate a 3500 anni fa, che descrivono il bacio come il respiro reciproco della propria anima.  E’ più tipica delle società stratificate, forse quelle che hanno il tempo da dedicare all’erotizzazione, ed è nata in quelle società che già davano importanza all’igiene orale (hai presente quanti batteri ci si scambi con la saliva?) e alla dimostrazione pubblica di affetto (e magari anche di “appartenenza”). Si, non è proprio un preludio romantico, ma questo è. Alcune popolazioni schifano il bacio. Altre lo adorano. Il bacio, oltre ad avere potenti effetti grazie allo scambio di germi di cui sopra, ha anche un potere fantastico che coinvolge il rilascio di serotonina che sappiamo ormai essere legata alla sensazione di benessere, e fa star bene. Chi non vorrebbe un bacio sotto alle stelle? Abitanti di Tonga a parte.

Chi ha paura di baciare. Ecco chi. Tonga sempre a parte. La fobia è una reazione angosciosa immotivata, ovvero scatenata da stimoli che non sono pericolosi. Chi ha paura di finire sotto al tram, attraversando le strisce pedonali a semaforo rosso e a mezzo in avvicinamento, ha una paura sana e motivata, che lo farà scappare prima di diventare un tutt’uno con le rotaie. Chi ha paura di qualcosa non oggettivamente pericoloso e specifico, ha una reazione patologica, che lo porta a evitare attivamente quello stimolo o a viverlo con una profonda ansia e tutto il correlato fisiologico che di conseguenza si attiva. Chi ha paura del bacio, lo evita. Il bacio ha una forte valenza emotiva e sentimentale nella nostra società, ha un forte legame con la sessualità e con la vicinanza emotiva. La mia generazione ricorda benissimo il bacio tra Richard Gere e Giulia Roberts in Pretty Woman, bacio che ha superato quel confine tra essere persone con una relazione sessuale ad essere innamorati. Chi soffre di filofobia, ovvero timore di innamorarsi, sarà ritroso anche nel bacio, proprio per la valenza affettiva che si trascina con se. C’è chi ha paura di un bacio per questioni legate all’igiene, per il timore di contrarre malattie. Questo timore non si lega solo al bacio, ma in generale si riscontrerà un’eccessiva attenzione a tutte le pratiche igieniche. Oppure si smette di baciare il partner perché l’intimità di coppia si è rotta, o comunque crepata. O caduta nella rovinosa abitudine.

Ora aggrappati al mio braccio, Tieniti forte. Visiteremo luoghi oscuri, ma io credo di sapere la strada. Tu bada solo a non lasciarmi il braccio. E se dovessi baciarti nel buio, non sarà niente di grave: è solo perché tu sei il mio amore.
Stephen King.

Perché si ha paura di baciare? Siamo esseri talmente complessi che non esiste una spiegazioni univoca del fenomeno ma è tutto riportabile alla storia di vita di ciascuno e al quadro più ampio che coinvolge affettività e controllo.

Si guarisce dalla paura del bacio? E’ una patologia come molte. Alla sera invece di contare le pecorelle, conto le innumerevoli forme che le fobie possono assumere. Hanno sfumature fantastiche, ma sono trattabili. Il primo passo è riconoscerle. Evito quello stimolo? Quando non posso evitarlo, cosa provo? Ansia? batticuore? Come sta la mia respirazione? Che sensazione soggettiva sto provando? Il secondo è rivolgersi ad uno specialista.

Tempo fa tenni una lezione alla facoltà di Biologia, spiegando i riti di corteggiamento umani e parlai di bacio. Chiesi ad alcuni utenti di Twitter di raccontare il loro primo bacio

@chiorder seconda media all’uscita da scuola, Uno schifo indicibile! Dopo ho mollato il fidanzato.

@macosinonVale su una panchina al parco. Sentivo sarebbe successo da lì a poco e ho sentito come un nodo nello stomaco che si scioglieva.

@terricenum Asilo. 4 anni. Le ho dato la mia pasta mensa, poi la baciai. La suora  mi rimproverò lei non mi parlo più.

@paolopak Il primo! Disastroso! La notte di San Lorenzo guardando il cielo a Montenero

@wannabebaol il punto numero 8 di questa vecchia cosa lunga, del blog, descrive il mio primo bacio (link al blog nel nome)

E il tuo primo bacio?

La dott.ssa Manuella Crini è psicologia clinica e giuridico-forense. Si occupa di tutto quello che riguarda il benessere. E il bacio è anche benessere!

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La solitudine del carbonio #pensieriallacaffeina

Il carbonio può essere matita o può essere diamante. Può creare tantissimi legami. E parrebbe alla base della vita sulla terra. Ma per fare tutto questo il carbonio è capace prima di tutto di legarsi con sé stesso. Come a dire che sta bene anche da solo. Che sa amarsi Che sa prenderei cura prima di sé. E poi degli altri. Dovremmo tutti imparare dal carbonio.

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La solitudine ha molte facce. C’è la solitudine voluta e cercata, c’è quella creata dal vuoto intorno e c’è quella in cui ci si sente soli con qualcuno accanto. La solitudine ha un’accezione negativa. Nel parlar comune. Come se ci si realizzasse solo nel condividere con altri essere umani e si fosse in qualche modo non completi se soli. Fromm sosteneva che la solitudine ingenerasse in alcuni sentimenti di colpa e angoscia, tali per cui si tentasse di fuggirla in ogni modo. Ma è una delle battaglie più difficili da vincere, imparare a star soli con sé stessi, la persona che in assoluto con il suo giudizio è capace di metterci in crisi. Quella che vedi nello specchio.

Star da soli con sé stessi è un mettersi a confronto con le proprie paure, con i propri pensieri, è un tentativo di vedere se davvero si riesce. E questo in parte dipende dal quello che Bolby definiva “stile di attaccamento“, cioè quel particolare legame che si instaura con la figura di accudimento, di solito la mamma, nei primissimi anni di vita del bambino. Se questa relazione è stata sicura e ha creato una buona fiducia in sé stessi, la persona impara muoversi nel suo ambienta di vita in modo autonomo, senza temere la solitudine o la perdita di legami. Questo non vuol dire che non avrà amici o che non cercherà qualcuno con cui invecchiare, ma semplicemente che sa star anche solo, che alla base per poter star bene anche con gli altri.

Tante coppie non si lasciano per paura della solitudine. E allora si invecchia prendendo le distanze all’interno della stessa casa, e per paradosso, si invecchia soli anche se in due. Ci si riempie di rapporti vuoti, senza radici, senza storia, solo per non sentire il rimbombo dei pensieri, quella famosa vocina interiore, che lo sappiamo, ogni tanto ci parla, anche se non sempre usa le parole ma oltre volte le sensazioni. E siamo anche molto abili ad esser meno soli  e molto impegnati, creando una rete di amicizie virtuali o di contatti da seguire nelle loro storie, che non abbiamo più tempo per ascoltarci e capire chi siamo e cosa vogliamo.

Impariamo a vedere la solitudine come un prezioso momento per delineare i nostri confini, per conoscerci a fondo, anche per accettare che nei nostri confini ci siano dei limiti, dei difetti, che non sempre si potranno cambiare, ma si possono accettare. Stando bene con noi, legandoci a noi stessi come fa il carbonio, sarà più semplice legarci agli altri in modo sano. Non dipendere da qualcuno, sia esso amico o amante (amante in generale, può anche essere un marito), permette di respirare quel senso di libertà che fa si che si continui ad essere sé stessi anche in due. E’ la libertà di dire “no”. E’ la libertà di dire la propria opinione e di ritagliare la propria vita nel modo in cui si vuole.

I soli sono individui strani
con il gusto di sentirsi soli fuori dagli schemi
non si sa bene cosa sono
forse ribelli forse disertori
nella follia di oggi i soli sono i nuovi pionieri.
Giorgio Gaber

Un regalo per te, una pizza, un cinema, una passeggiata lungo il mare. Una vacanza, un’avventura, uno spazio che sia solo tuo. Non sono facili da realizzare. A quante scuse hai già pensato? Non ho tempo, ma sai che vergogna, magari prossima settimana, fino ad arrivare a dirsi che tanto a me la pizza non piace.

 

 

La dott.ssa Manuella Crini nella pratica clinica, attraverso percorsi di consulenza psicologica, promuove e sostiene percorsi per star bene con sé stessi 

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Attrazione a prima vista #pensieriallacaffeina

“Mentre lui le insegnava a fare l’amore lei gli insegnava ad amare.”

Faber

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In pochi millisecondi decidiamo se quel volto ci piace o meno. Formiamo un’impressione sulla persona mettendoci un tempo inferiore ai 3 secondi. Accade tutto rapidamente nelle nostre connessioni cerebrali. Senza scomodare la coscienza. Accade. Se ci mettiamo insieme la chimica degli odori, da questo mix può nascere l’attrazione sessuale a prima vista. Testosterone, estrogeno, dopamina e serotonina sono alla base dell’attrazione fisica. L’attrazione è individuale ma esistono alcuni fattori che sono più o meno universali (per fortuna  una piccola percentuale non rende mai un fenomeno totalmente lineare), come per esempio le donne eterosessuali sono attratte dalla ricchezza e dal cattivo ragazzo (quello sempre incazzato, quello poco empatico che trasgredisce spesso) e gli uomini eterosessuali dalla giovinezza (calma, calma, non sempre ma soprattutto non vuol dire nulla, intervengono fattori di tipo sociale, biologico e poi sono risultati di ricerche non ecologiche ma strutturate in modo molto particolare).Allora cosa rende attraente per me una persona mentre la mia amica nemmeno la nota?  Jung diceva che vediamo nell’altro la complementarietà del proprio animus, per un gioco di proiezioni vediamo nell’altro la parte inconscia e nascosta e sentiamo quel “ti voglio a prima vista”. La cura di questo gettarsi nel fuoco passerebbe attraverso una buona conoscenza della propria psiche e delle parti nascoste, per poter superare questa modalità istintiva e scegliere un partner in modo più saggio.

Accade tutto ad un livello sotto coscienza. Valutazioni che effettuiamo sull’altro e che sono fatte non usando il pensiero cosciente ma attivando schemi cerebrali che valutano  in modo grossolano l’altra persona in termini di piacevolezza/spiacevolezza. Le valutazioni che mettiamo in atto dipendono da come siamo fatti noi. Proveremo piacevolezza e voglia di avvicinarci quando quel volto e quella persona attivano in noi il ricordo di qualcosa di noto. Abitudini, ricordi piacevoli, sensazione di controllo. Ed ecco che scatta l’interruttore, che ci farebbe assomigliare ad un organismo unicellulare, un lievito, che quando non è ermafrodita (Platone, scusa se ti scomodo ancora), cerca la sua compagna o il suo compagno e la seleziona in base ad un’attivazione molecolare. Secondo alcune ricerche, in fatti, nell’uomo, i ferormoni giocherebbero un ruolo fondamentale, ma la scienza si sa, non è mai esatta, e non tutti sono concordi sul ruolo chiave dei ferormoni. Entrano in gioco anche gli altri sensi e solo per ultima la coscienza. a quel punto, siamo dotati di libero arbitrio (siamo davvero dotati di libero arbitrio?) e possiamo controllare il comportamento che seguirebbe un’attrazione sessuale reciproca, o assecondarlo.

E come mantenere viva quella sensazione di ricerca costante di gratificazione sessuale con il partner? Per ora lascio il dubbio, in modo che possiate cercar qualche risposta nelle vostre storie.

 

 

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La metà della mela #pensieriallacaffeina

 

Tra tutte le persone sei la sola che colma perfettamente lo spazio che ho tra le dita

Mr. Rain

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Chissà come venne in mente a Platone che la luna avesse caratteristiche sia del Sole che della Terra e che avesse generato un Ermafrodita. Un essere a 8 zampe, completo di entrambi gli organi genitali che si muoveva facendo capriole ed era arrogante, così tanto da sfidare gli Dei che decisero di tagliarlo a metà. Una metà maschile e una femminile, destinata a rincorrersi per cercare di unirsi di nuovo. Ed ecco che l’amore, quella ricerca costante della propria metà sembra essere l’unico modo per sanare un essere vivente ferito e mutilato nella sua perfezione. Eros promette felicità e guarigione.

La ferita che costantemente ci dovrebbe ricordare che siamo incompleti è l’ombelico. Quel piccolo foro sul ventre, posto appositamente dove lo si potesse vedere per tener a bada l’arroganza. Si. Siamo stati separati da qualcuno, e il taglio netto con quella persona è avvenuto proprio in quel punto. Ma non era una metà della mela.

Siamo nati interi. Con l’enorme potenziale di poter essere felici. Abbiamo una produzione integrata di endorfine, dopamina, adrenalina, serotonina. E allora da dove nasce questa ricerca dell’amore come promessa di felicità e guarigione? Perché ci sentiamo completi quando troviamo la persona che colma perfettamente lo spazio tra le dita?

L’amore crea una dipendenza, forse è una delle sostanza che crea maggior dipendenza. Hai bisogno di vedere quella persona, vai in astinenza se non la vedi e le ricadute sono elevatissime. L’amore ha una forza incredibile sul nostro cervello, fino a spegnere la paura.

Siamo esseri completi, pensanti, creativi, ci siamo trascinati per secoli i miti che ci piacevano di più fino a farli entrare nel DNA. Quella sensazione di completezza stringendo la mano della persona amata, è un gioco di neurotrasmettitori che ci fa credere che sia così, che quella persona sia legata a noi con un filo rosso. Quando creiamo con quella persona un progetto di vita insieme e siamo disposti a scendere a compromessi con quella dipendenza, che diventerà altro, ma altrettanto forte, abbiamo trovato il giusto posto dove incastrare la nostra interezza.

 

La dott.ssa Manuella Crini si occupa di percorsi di sostegno psicologico relativi alle problematiche affettive e relazionali, sia individuali che con la coppia.

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dove nascono i legami affettivi #pensieriallacaffeina

I legami affettivi iniziano a costruirsi quando inizi ad immaginarli. Siamo così strani che ci basta formare l’idea di qualcosa che già riusciamo ad appiccicarci un’emozione sopra

 

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Quando si forma il legame con il proprio figlio? Inizia prima che inizi a respirare una volta fuori dall’utero. Inizia prima che inizi a scalciare dentro la pancia facendo sentire tutta la sua forza e il suo carattere. Inizia quando iniziamo a pensarlo. Conosciamo molto dei legami affettivi e della loro importanza nello sviluppo del benessere dei figli, rapporto che prende sostanza quando possiamo guardarli e che non sono più legati al nostro corpo. Iniziamo a conoscere molte cose anche di come l’idea che i genitori si fanno del bambino influenzerà quel legame nel tempo. E’ una relazione? In una relazione si è in due, qui è “solo” la mamma che pensa il suo bambino, gli attribuisce sentimenti, emozioni e sensazioni. Forse non è la relazione classica. Ma è un precursore molto importante

 

La dott.ssa Manuella Crini si occupa di sostegno alla genitorialità, in ogni suo aspetto, fornendo un sostegno in ogni tappa del percorso che ci porta ad essere genitori