#pensieriallacaffeina

auto- di se stima- aes misura di un valore

L’acqua cade dall’alto al basso, è la forza di gravità. Anche le emozioni forse agiscono secondo la stessa legge. T. Kawaguchi

Chi è il metro di me stesso?

William James ha definito per primo un concetto così complesso come il metro di sé stesso come un rapporto. Tra il Sé percepito e il Sé ideale. Più ci avviciniamo all’uno, più la nostra valutazione schizza alle stelle. Un PIL pazzesco che ci riempie di dopamina. Quell’uno sembra ogni tanto così lontano che il bicchiere diventa un quarto pieno.

Le variabili in gioco sono due. Un sé ideale, che costruiamo nel tempo, in base alla nostra storia di vita, alle aspettative che lentamente si sono insinuate nelle nostre sinapsi e un sé percepito, che in quanto tale, non per forza corrisponde al dato oggettivo, e qui tornano in ballo costantemente i legami affettivi precoci, quanto ci hanno valorizzato, quanto ci hanno aiutato a percepire i nostri confini. Ma non vuol dire che se non ci hanno costantemente detto che siamo bravi, buoni e belli allora abbiamo un pessimo senso dei nostri confini. E non vuol nemmeno dire che i nostri genitori siano causa di tutti i mali. Ci sono tante figure importanti che noi incontriamo nel nostro cammino e a volte è il semplice sguardo sconosciuto a farci perdere forza nelle nostre stesse convinzioni. Altre è un partner devastante, ma non è questo lo spazio da dedicare a narcisisti e co. che a volte si palesano sulla strada.

Autostima. Buffo pensare che se ce l’hai, va tutto bene e se manca allora è un disastro. In realtà abbiamo tutti quella costante valutazione di noi stessi. A volte è positiva, altre volte vacilla.

Quindi chi è il metro? Noi. E solo noi. Ma noi siamo animali sociali, inutile negare la profonda influenza degli altri nella costruzione del nostro personalissimo metro. Tutto gira intorno a quello che abbiamo definito essere il Sé ideale. Quello cui vorremo inesorabilmente assomigliare. Può essere un Sé raggiungibile, o può essere così distante da quello che siamo o da come ci percepiamo che viviamo deludendoci ogni giorno. Il Sé ideale contiene non solo quello cui aspiriamo ma si porta dietro anche ciò che non vorremmo mai essere e giudizi che vanno in tal senso, usciti dalla testa e dalla bocca da chi per noi è importante, può essere profondamente dilaniante.

Ma torniamo a noi, che il caffè è quasi freddo. La domanda era: perché in alcune situazioni mi sento profondamente fuori luogo? Perché sento che il mio modo di essere non è quello che mi e si aspettano che sia. Come se fossi vestito da rugbista ad una serata di Gala. Che poi, può anche capitare, ho interpretato male l’invito, ma il più delle volte è il non sentirsi all’altezza della situazione, con una valutazione di sé molto negativa, rafforzata spesso da memorie e ricordi in cui siamo stati denigrati in modo diretto, o peggio, in maniera subdola, senza possibilità di ribattere.

Come fare?

Come al solito stiamo ancora lavorando alla pillola magica, ma nel frattempo, io partirei da una visione diversa del proprio Sè percepito, provando a guardare quei confini che spesso sono disegnati dai nostri valori, quindi cercherei di capire quali sono, se li rispecchio, se poi davvero li ritrovo nel mio Sé ideale. Aumenterei le mie skills, e partirei sempre da quella roba che tutti schifano, le emozioni. Mi ascolterei. Ascolterei il mio corpo, il tempio della mia mente. Che spesso mi parla ma io testardamente, ignoro.

Il caffè è freddo, devo tornare nel mio tempo.

La dottoressa Manuella Crini beve spesso caffè. Pare abbiano un buon effetto anche in termini preventivi di alcune malattie neurovegetative. Se non si esagera. Come tutto.

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