benessere

chissà dove sto andando quando corro

Correre è lo spazio aperto dove vanno a giocare i pensieri.
Mark Rowlands.

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Ho scoperto quanto mi stiano bene le scarpe da corsa ai piedi, per caso. Ma sebbene non creda  al caso, non penso sia stata causale la scoperta. Dove i pensieri si fanno complessi e difficili da tradurre, il corpo semplifica tutto con richieste più semplici, che ci fanno star meglio. Non hai capito  nulla di quanto hai letto e capisco, sono i pensieri complicati di cui sopra che spiegherei in modo molto semplice portandoti a correre con me. Ho preso confidenza con i chilometri e con il buio e con il freddo, lentamente, sono stata giorni a lamentarmi dei dolori alle gambe ma giorno dopo giorno, la corsa è diventata parte di me. Ho amato la corsa come si ama qualcosa che ti accorgi che mancava nella tua vita. Nella corsa, ho sempre ascoltato il mio corpo. Ho rallentato quando me lo chiedeva, ho accelerato quando volevo provare i mie limiti. Ma dove vado quando sto correndo? Apparentemente da nessuna parte. Parto con il mio bagaglio di pensieri, a volte di stanchezza, alzo la musica e vado. Sto andando a sentirmi  meglio, e lo sto facendo portando insieme a me molte persone, i loro pensieri, i miei problemi, perché nemmeno io sono immune. Vado a sbrogliare una matassa. E il pensiero corre con me, e sbroglia più matasse di quelle che sbroglierei stando sulla poltrona con i miei appunti. Questo perché nel mio corpo succedono le magie mentre corro. I topi che corrono riescono a combattere le neurotossine che provocherebbero un deterioramento cerebrale (e questo apre le piste ai trattamenti di tutti quei sistemi che vanno incontro ad una degenerazione dei sistemi dopaminergici, come il Parkinson), perché durante l’allenamento (anche i topini nel loro piccolo si allenano) accade qualcosa per cui le neurotossine non hanno più nessun effetto inibitore sulla dopamina che continua a far il suo sporco lavoro in barba al tentativo di degenerazione.  L’allenamento aerobico funziona come il Prozac, facendo si che nel corpo circoli più serotonina. E la serotonina, nel giusto equilibrio, è alla base dello star bene. Inoltre la corsa fa bene anche all’ippocampo.  E non parlo del cavalluccio marino, ma di una di una piccola struttura cerebrale che ha il ruolo delicato di lavorare con la memoria. La corsa stimola la produzione di cellule staminali. E immaginate che accade ad una struttura deputata alla memoria che si rigenera e funziona come quando eravamo giovani. Più giovani. Non ho detto che sei vecchio, solo che sei più vecchio di quando eri più giovane.  La corsa fa rilasciare anche endorfine, che contribuiscono alla sensazione di benessere. Correre fa invertire il processo di invecchiamento. Va contro quanto scritto nei geni impigriti e aumenta la plasticità, delle connessioni e del pensiero. Serve tempo per ottenere questi benefici, ma nel tempo in cui la zucca si trasforma in carrozza, il mio cervello è vivo e attivo più di un lattobacillo dello yogurt, e mi permette di soluzione tantissime cose.

Ho sempre saputo che il movimento facesse bene, mens sana in corpore sano, così come ho sempre (sempre no, lo sapevo quando ero bambina in realtà, poi crescendo l’ho scordato e poi leggere Damasio me lo ha fatto ricordare) che siamo una cosa sola, che la mente e il corpo sono talmente interdipendenti che i confini tra loro sono sfumati. Credo sia stato quello il caso con cui ho scoperto la corsa. La sensazione di  troppi pensieri da mettere in ordine e la spinta a riequilibrare i miei umori (Ippocrate, scusami, ma la tua influenza nonostante più di 2000 anni, ancora si fa sentire), credo sia stato questo il mio motore. Come se il mio corpo ricordasse, per via di qualche memoria somatica, come si sentiva dopo una corsa e avesse giocato a mandarmi segnali inconsci alla coscienza, finche una mattina ho ceduto e ho detto: “vado”.

Quante cose mi porto dietro quando corro. Mi sembra di uscire nuda. Mi sembra di uscire leggera. In realtà parto appesantita da tutti i pensieri che si attorcigliano nella testa. Ma torno a casa leggera. Torno a casa felice. Torno a casa stanca. Torno a casa con una matassa di pensieri sbrogliati perché tutto quello che il mio corpo ha prodotto è una buona base non solo per sentirmi meglio, ma è funzionale anche al ragionamento, e riesco ad affrontare meglio tutto.

Ho imparato molte cose correndo. Conosco meglio il mio battito cardiaco, conosco il momento in cui il mio corpo sta cambiando e io inizio a sorridere guardando tutto quello che ho intorno, che sia neve pioggia, sole, fiori, mare, città. Ho conosciuto la pazienza. Ho conosciuto il gusto di un piccolo traguardo, so di  me come mi comporto quando lo vedo vicino, perché conosco la mia risposta.

Correre un’ora al giorno, e garantirmi così un intervallo di silenzio tutto mio, è indispensabile alla mia salute mentale.
Haruki Murakami.

Correre fa stare  meglio. Indipendentemente dalla durata e dall’intensità dell’allenamento, ci sono effetti benefici importanti. Nel tempo anche questa modalità naturale di autoproduzione di sostanze benefiche dà assuefazione, cioè nel tempo gli effetti benefici si sentono meno. Ma usando lo straordinario potere della mente possiamo , attraverso le attese, spostando il focus dell’attenzione tra interno (il respiro, il battito) e esterno (musica, panorama), ridare vita a quella sensazione che altro no è che una questione soggettiva e individuale.

Correre non piace a tutti. E questo fa parte della estrema variabilità che caratterizza la razza umana. Lo star bene che io sento durante e dopo la corsa, non sarà mai lo stesso sentire di qualcun altro. Quello che accade a livello cerebrale, sarà simile. Quindi prova. Senza sapere dove stai andando. Lo scoprirai nel movimento. Ci saranno volte in cui vorrai andare lontano da te il più possibile, altre in cui correrai per raggiungerti. Ho imparato anche a chiedermi questo quando chiudo la porta di casa: “dove vado oggi?” e la risposta non è mai solo il luogo che attraverso correndo.

(Oggi sono andata nella primavera. Ho lasciato indietro una brutta sensazione che da giorni mi stava appiccicata, ed è accaduto alla seconda curva, ad un certo punto non c’era più. Ricordo di essere andata un giorno a cercare le rane, perché con i loro rumori tranquillizzano il mio respiro. E tante volte vado dove posso esprimere tutte le mie emozioni, lasciandole uscire, accogliendole, rispettandole. Chissà tu dove andrai)

La dott.ssa Manuella Crini si occupa di promozione del benessere psicologico, che passa attraverso la mente, ma anche attraverso il corpo.

2 pensieri su “chissà dove sto andando quando corro”

    1. Le emozioni di base, quelle 5 che hanno anche una caratteristica corporea, grazie ad inside out, sono innate, le proviamo tutti. Ma crescendo riusciamo a sfumarle in modo individuale, e hai detto una cosa bellissima, le proviamo se le sappiamo leggere. Se sappiamo dargli un nome, perché se non avessimo avuto l’istinto del linguaggio, saremmo ancora senza storia, e l’autoconsapevolezza è un processo che richiede tantissime componenti cognitive ed emotive. Nella corsa ci si conosce un po’ di più!

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