Difficoltà psichiche, Senza categoria

Molti diedero al mio modo di vivere un nome e fui soltanto un’isterica (A Merini) di isterie di vibratori e di poesie di resistenza

Ad esempio Charcot dimostrò che i fenomeni isterici sono qualcosa di autentico e conforme a uno scopo, che l’isteria è molto frequente negli uomini, che paralisi e contratture isteriche possono essere provocate dalla suggestione ipnotica e che questi prodotti artificiali hanno, fin nei minimi dettagli, le stesse caratteristiche degli attacchi isterici spontanei che spesso vengono provocati da un trauma.                                   Sigmund Freud

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L’utero è mio e lo gestisco io. Quella roba che quando ho visto alla mostra dei corpi, così piccolo e indifeso, una piccola tasca in grado di contenere, accogliere e far crescere una vita, mi ha stupito nella sua fragilità e minutezza. Capace di adattarsi ai cambiamenti, di deformarsi fino a prendere una forma che nulla ha a che vedere con l’originale, capace così tanto di rappresentare l’essenza dell’essere umano. Isteria parte da li, da Ystera, utero. Una malattia dai toni prettamente femminili. Una forma di psicopatologia. Le radici sono antiche, egiziane, e si riteneva che uno spostamento dell’utero potesse causare alterazioni psichiche nella donna e la soluzione era cercare di riportare questo organo dotato di potere maligno e benevolo al posto giusto.Oppure starnutire. No, non ridere, la medicina ha una storia complessa e affascinante e Ippocrate usava una sedia rotante per riportare gli umori al posto giusto e l’utero si poteva sistemare anche starnutendo. Le isteriche sono state poi streghe, esseri posseduti dal maligno, insensibili al dolore durante le crisi. E si passò all’uso degli ovuli, quando il rogo non funzionava. La scienza a tentoni cercò di dare una qualche giustificazione che tenesse un po’ di più e allora si ipotizzò che in qualche modo l’utero che si ammalava, diventava freddo e intaccava altri organi interni causando gli spasmi tipici dell’isteria. La menopausa era considerata causa di psicosi, come se tutto girasse intorno, nella donna, a quella piccola tasca marsupiale che permette la vita. L’isteria è anche stata trattata con massaggi. Quelli con happy ending, che guai a chiamare orgasmo però, erano solo parossismi isterici, una manifestazione particolare legata alla patologia. Si è passati alla cura con il vibratore, che nasce come strumento medico e poi, fortuna nostra, è diventato strumento di piacere. Ma anche attraverso pratiche brutali che prevedevano la clitoridectomia e l’isterectomia. La strada per arrivare ad affermare che l’isteria non ha a che vedere con l’utero, ma è legata ad un altro organo, sempre meravigliosamente plastico, ma che sta un po’ più in su, è stata lunga, e si arriva a Parigi, da Charcot, che descrisse in modo accurato gli attacchi isterici, dalle pose plastiche alla fase allucinatoria. Siamo poi passati attraverso Anna O., la paziente di Freud, di cui magari vi racconterò più avanti, riportando tutto ad una sfera affettiva traumatizzata.

Nell’immaginario popolare la donna isterica non assume pose plastiche, nessun arco isterico. Diventa la donna lunatica, quella che ha crisi improvvise di rabbia, di panico, che non riesce a contenere tutto il tumulto emotivo che ha dentro. Da psicopatologia a parola offensiva per minimizzare a volte un bisogno, la strada è stata apparentemente breve, ma degli antichi egizi ad oggi è stata lunga.

Che cosa resta dell’isteria oggi? Si parla di disturbi di conversioni o di personalità istrionica e analizzando la radice del termine, si ritorna all’utero. E della parola isteria resta solo la parte sfregiativa, quella che taglia la pelle dell’emozione, che ti dice che il tuo urlare o il tuo piangere o la tua paura, non hanno dignità. A volte è un bisogno urlato, perché non sia aveva lo strumento giusto per parlar a bassa voce, è uno sfogo troppo a lungo taciuto. E’un dolore che va lenito, un dolore che va ascoltato e a cui dar forma. Ma le sue parole vanno più dirette a quella parte del cervello che è capace di emozionarsi ancora. E ve le metto qui.

 

Sai cosa ti dico?

Ch’io la amo questa mia isteria.

E sai perché la amo?

Perché è mia.

E perché dopo tanti anni ti ho rivista

– amica mia –

tu con due bambini in braccio

io con un figlio già cresciuto

a domandarci se sia vivo

tutto quel che abbiam taciuto,

mentre tu scegliesti di restare

con un uomo sempre assente

ed io optai per il partire

– che intanto non cambiava niente –

Per essere poi sole tutte e due

ancora a domandarci se sia colpa

di quella parte di incoscienza

che ci ha viste scanzonate

per il mondo

come sciocche ragazzine.

Ancora a domandarci

se non dovremmo pianger mai

non essere invadenti

non alzare mai la voce

nascondere il minuto di paura

condannare

quell’espressione di isteria

che eppure sai cosa ti dico

amica mia?

Io la amo, perché è mia!

Perché è il frutto

di quello che ho vissuto

figlia legittima di ciascuna frustrazione

di ogni atto di coraggio

di tutta quella tentata umiliazione

a cui -alla fine-

non abbiamo mai ceduto

come mai lo abbiamo fatto

con il misero ricatto

che ci vorrebbe con un culo

piccolo e perfetto,

che ci vorrebbe a metter ordine

la sera

nella vita di uomini

sempre troppo stanchi per capire

quanto sia caro il prezzo

del dover essere perfette

e donne e madri e mogli

e amanti e figlie

e a letto anche un po’ puttane

senza mostrare mai stanchezza

né paura

come se esser forti

volesse poter dire

aver messo al cuore la sicura

o come se esser grandi

volesse poter dire

abbandonare la bambine

che siamo state allora.

E invece sai cosa ti dico, amica mia?

Sfogati, urla, spacca tutto

gridalo in faccia a questo mondo

che hai paura

diglielo che non te ne fotte niente

della costosa perfezione

che non taci mai a comando

che non rotolerai nel fango

di quella schiavitù silente

che ti vuole sempre bella e sorridente

per cui – mi raccomando –

sii carina spiritosa ed accogliente

comprensiva, empatica e accudente

ma assolutamente mai invadente!

Mai stanca, mai sciocca,

mai bambina,

– E smettila con le richieste di attenzione!

Non vedi che oggi non ne ha voglia? –

– Ma come sei fragile! Dio!

Cosa ti piglia? –

Avresti forse voglia di gridare?

Di pestare i piedi

di impuntarti e non parlare?

Di mandare a fare in culo

tutto il mondo?

Di chiedere un abbraccio?

Di pregare una carezza?

Di supplicare che sia legittimo

questo minuto di incertezza?

Sai cosa ti dico?

Fallo adesso – amica mia

prima che sia tardi e vada via

questo splendido momento di isteria.

#poesiediresistenzafemminile

 

Si ringrazia l’artista e Amica Amanta Strata, per aver dato un senso nuovo ad una parola che è stata stravolta nel suo significato originario e aver ridato dignità ai bisogni, quelli che se non sono compresi, restano intrappolati e volte urlati. Ridiamo dignità alle emozioni, che sono quelle che ci salvano. Sempre. Grazie.