- Cosa chiedi a Babbo Natale?
- L’estate

Qualsiasi forma abbia avuto in origine in Natale, lo immagino umile e intorno al fuoco, con poco cibo e nessun albero decorativo pieno di carta patinata. Abiti color mattone, grembiuli sporchi e facce stanche. Poi la mia mente vola agli anni ’50, alle famiglie delle pubblicità, con la piega sempre a posto, la cucina linda e la tavola imbandita. Mancando i cellulari non era così semplice augurare buon Natale agli amanti.
Ora lo immagino al supermercato, a cercare il piatto che esca dalla tradizione rimanendoci dentro, utopico come il regalo perfetto. A cercare ii regali anche su Vinted o Tik Tok, in ansia per il look perfetto delle feste. Poi immagino il Natale in solitudine, che magari vuoi anche ma che fa talmente strano volerlo che ci si deve sentire soli perché senza un tavolo cui sedersi. Tavolo con rigorosamente 40 parenti che non vedi da almeno un anno, pronti a far domande indiscrete che nemmeno il prete osa fare. Immagino il Natale silenzioso delle famiglie che vivono difficoltà, in cui nel piatto si spolverai tiramisù con la vergogna di non avercela fatta. Povero Gesù, che pandemonio per un compleanno per lui senza regali.
Ha tante facce il Natale. E un dono potente. Esplosivo, far sentire in maniera amplificata tutte le sensazioni, tutte le mancanze, tutto quello che si voleva essere e non si è. Il giorno del giudizio. Il nostro su noi stessi. Esistono molte guide su come sopravvivere al Natale, ed è buffo pensare di dover sopravvivere ad una festa, non ci sono guide su come sopravvivere a Ferragosto. Quindi forse il trucco è non cercare una sopravvivenza, perché non è un pericolo. E finché lo viviamo come tale è inevitabile che nel cervello si attivi quel campanello che urla “allarme” e fa salire l’inevitabile ansia.
Prova a fare quello che ti senti, non quello che sentono gli altri, che tanto fanno anche loro quello che sentono altri creando circuiti incredibili di aspettative e sensi di colpa senza delitti compiuti. Altrimenti si evira il Natale di quel senso di tavola umile e volti stanchi che cercano il riposo in un giorno di festa tra altri volti stanchi. Prova a fare solo i regali che senti, prova a cercare quelle sensazioni di quando eri bambino, della magia del Natale, prova a chiederti cosa vuoi, cosa vuoi tu davvero e non cosa si aspettano gli altri che abitano nella tua testa. Prenditi cura di te, non dell’immagine che vuoi che sia stampata nella mente altrui. Prova a parlare con quelle emozioni che senti, che ci sono sempre, ma sono meno propense a gridare. Prova a dargli un senso, a capirle, perché le emozioni sono quanto di più razionale abbiamo. Prova a surfare su quelle onde negative, senza che abbiano il sopravvento.
Di consigli pratici è pieno il web, il vicino di casa, il panettiere. Ma cosa vuoi davvero, quello lo sai solo tu. E una volta che lo focalizzi, cerca di raggiungerlo. Vuoi passare il pranzo a mangiare? Fallo. Vuoi andare a correre? Fallo. Vuoi che sia un giorno normale? Trasformalo in un giorno normale.
Non dobbiamo essere più buoni solo perché una frase del panettone (o pandoro) ci chiede. Possiamo essere noi stessi anche a Natale.
Ance a te e famiglia
Manuella Crini