Sono autistico e vivo in un piccolo mondo tutto mio, un mondino fiorito e colorato la cui lingua è il linguaggio del cuore. La chiave della sua porta d’accesso è l’amore. Amami, solo così mi capirai e imparerai come farti capire da me.
Nel 2010, quando mi sono seduta a discutere della mia tesi di Dottorato, si parlava ancora di autismo e di sindrome di Asperger come disturbi pervasivi disgiunti, ma caratterizzati da un qualche continuum sottostante. Oggi si parla di Sindrome dello Spettro Autistico, a rimarcare questo continuum che presenta talmente tante sfumature che non caratterizzano solo i primi anni di vita, ma tutta la vita.E’ un concetto diagnostico, un’etichetta che noi sanitari dobbiamo dare per capire di cosa stiamo parlando, ma sappiamo benissimo andare oltre l’etichetta e vedere l’individuo che sta dietro.
Victor è stato uno dei bambini con diagnosi post mortem, un bambino arrivato nudo nel villaggio di Aveyron verso la fine del ‘700. Non si integrò mai in modo totale nella società, presentava alcune stereotipie (movimenti particolari e ripetitivi), che aveva questo quadro particolare di ritiro nel suo mondo interiore. Anni dopo, con Kanner, si parlò in modo più concreto di autismo, come una particolare forma comportamentale caratterizzata da isolamento sociale, scarsa abilità linguistica e presenza di stereotipie. Asperger, descrisse (dopo o prima, la storia poco importa, ma per i curiosi sembra che Kanner quando coniò l’etichetta “autismo” avesse già in mente qualcosa a partire dalle letture dei casi clinici di Asperger) un quadro simile, ma ad esordio apparentemente più tardivo e meno compromesso. A partire da questa spinta, la curiosità nel mondo scientifico si fece avanti con essa le ricerche. Cosa causa la sindrome? Beh Kanner fu chiaro da subito, la genetica, ma la scienza è san Tommaso e non basta un’ipotesi, va verificata, e siamo passati attraverso tempeste, stigmatizzando le madri (le famosi madri frigorifero, vittime di teorie sbagliare, perché erano forni come le altre), stigmatizzando i vaccini (il mercurio e gli altri metalli pesanti presenti in alcuni lotti), passando attraverso teorie, ipotesi e notti in bianco, per tornare alla biologia, o meglio alla genetica. La sindrome dello spettro autistico ha una base genetica, non di facile riconoscimento come la trisomia, perchè non è mai stato individuato il “gene dell’autismo” ma diversi loci genici coinvolti, a volte riportati in co-occorrenza con altri fattori più di natura ambientale (e non mi sto riferendo ai vaccini, ma a ricerche che mettono in luce l’esposizione ad alcune sostanze durante la gravidanza o la presenza di elevato testosterone, nulla che abbia trovato modo di mettere tutti d’accordo seduti davanti ad un caffè, ma ci si sta lavorando). E’ una sindrome complicata. Enigmatica.
Chi è un soggetto con disturbo dello spettro autistico? E’ un bambino, un ragazzo o un adulto (può anche essere un portatore sano di vagina, ma il rapporto è circa 4:1) che presenta alcune caratteristiche, come il ritiro sociale, difficoltà nella comunicazione e nella metarappresentazione, con un quadro di interessi particolari. Alcune caratteristiche sono già visibili quando è piccolo, quelle che non andrebbero sottovalutate, perché laddove si interviene precocemente, si può intervenire sulla qualità della vita, sia la sua che quella della sua famiglia. Quali sono? Mi piacerebbe poter scrivere di ignorare l’etichetta, che la nostra società è pronta ad essere inclusiva e che si tratta di un bambino. E’ solo un bambino. E un po’ è la verità. E’ un bambino. Che regala gioia e amore, ma è anche un bambino che ha bisogno di un ambiente preparato e adatto a lui, per quello non vanno sottovalutati i segnali, perché un intervento precoce, permette di raggiungere la serenità che tutti meritiamo. Il segnale da non sottovalutare è il contatto oculare, sul guardarsi reciprocamente negli occhi mentre si condivide qualcosa, se quella roba li manca, allora se ne parla con il pediatra, che è una figura fondamentale per mamma e papà. Ce ne sono altri, segnali, ma quello colpisce molto. Quali interventi? Non esiste l’Intervento, non esiste una cura perché non è malattia, è una condizione, e gli interventi non sono volti a guarire miracolosamente, ma a favorire l’adattamento, che se può sembrare una parola bruttina, è quella roba che ci permette di star bene. Quella con cui conviviamo tutti perché lo scotto della vita in una società, si deve pur pagare.
Questa storia del viaggio della scienza verso la comprensione dell’autismo comprende idee romantiche e rivela reazioni emotive incredibilmente forti che io ho da tempo accettato come una componente del fascino che provo studiando l’autismo. Comprende anche alcuni fatti nudi e crudi provenienti dalla neuroscienza cognitiva. Credo che combinare i due opposti, la scienza rigorosa e le idee romantiche, l’obiettività e la passione, non sia impossibile, e l’enigma dell’autismo me ne ha dato la prova. Uta Frith.
Non mi piace far un elenco di caratteristiche, perché ognuno ha le sue, ma posso smontare, o provare a farlo, alcuni miti.
L’autistico non parla. Ci possono essere dei ritardi nell’acquisizione del linguaggio, un vocabolario ridotto, un tono di voce che appare sempre uguale. Le difficoltà stanno sul piano della comunicazione, che è altro. Scommetto che siete tutti abili comunicatori con uno sguardo. Ecco. Senza usare parole. E’ la capacità espressiva che è diversa. Va compresa, accolta, accompagnata.
L’autistico non prova emozioni. Ero seduta di fianco a lui, giocavamo con i lego. Lui era un bambino che si è prestato nella ricerca che abbiamo condotto in collaborazione con l’Università dell’Avana, per capire meglio le differenze transculturali. Eravamo seduti ad un piccolo tavolino e giocavamo, e ad un certo punto si è fatto la pipì addosso. Il papà non finiva più di chiedermi scusa, e io pensavo solo che Lui era così emozionato, e per quello era successo. Era contento di costruire quella macchinina complicatissima. Le emozioni sono potenti. Meravigliose. E certo che si emoziona. Perché mai non dovrebbe?
L’autistico è un genio della matematica. Non sempre ci sono isolotti di abilità, di comprensione di ciò che è meccanico. Come non tutti siamo bravi a sciare, a cantare o a far di conto. Ci sono abilità migliori sul piano pratico che su quello sociale. Ma con tutte le sfumature del caso. la mia generazione si è affezionata al personaggio di Rain Man, ma quello è un racconto che non è rappresentativo in modo totale.
Si può guarire. No. No. e no. Ci si può adattare meglio. E per farlo bisogna essere precoci, e non pensare che basti delegare, ci si deve mettere in gioco anche come genitori, senza vergognarsi di chiedere aiuto, senza vergognarsi di essere arrabbiati. Senza vergognarsi. E poi, pensa che anche lo psicologo va dallo psicologo. I trattamenti permettono di aiutare tantissimo nell’area della comunicazione, e nel favorire l’autonomia. Non esistono farmaci o diete che curano.
E’tutta colpa delle scie chimiche. E’ una condizione a base genetica, e per quanto i rettiliani possano essere potenti, nulla possono contro il nostro DNA.
Ma la mia ricerca? Tutta la ricerca è sparsa su varie riviste scientifiche, ma la cosa più interessante che è emersa, è sicuramente il senso di controllo della situazione da parte delle famiglie cubane, controllo della situazione che ingenera meno angoscia. Controllo dato dal grande supporto della rete, e dall’essere molto partecipe di quanto accade. E quello che mi auguro è sempre che ci si muova nella direzione di non stigmatizzare nessuno, ma di rendersi consapevoli delle risorse e dei limiti, e ci si muova nella direzione di garantire il maggior benessere al maggior numero di persone.
Oggi è la giornata non solo di tutti coloro che hanno ricevuto una diagnosi di ASD, ma anche delle loro famiglie, di quelle che quotidianamente fanno conti con le routine e la paura. A loro va tutta la mia ammirazione.
La dott.ssa Manuella Crini ha imparato un sacco dalle famiglie e dai loro bambini. Si occupa di parent training e oggi ha fatto un tuffo nella memoria di una ricerca bellissima, emozionante e faticosa. Grazie.