#pensieriallacaffeina

di femminicidi e tempeste emotive #pensieriallacaffeina

La violenza è una malattia, una malattia che danneggia tutti coloro che la usano, indipendentemente dalla causa.
Chris Hedges.

 

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Possono le emozioni interferire sul naturale esprimersi delle persone fino a fargli perdere il controllo ed agire in maniera così smisurata da togliere la vita ad un’altra persona? Le emozioni hanno un valore adattativo pazzesco, e se ne accorse Darwin quando intuì che era semplice capire se il suo beagle fosse felice o arrabbiato. La gioia ci fa avvicinare ad un qualcosa che percepiamo come piacevole e la paura ci fa fuggire o combattere, mettendo in atto reazioni rapide ben prima che noi stessi ne diventiamo  consapevoli. Prendiamo decisioni appoggiandoci all’esperienza emotiva passata. Scegliamo la persona con cui aspettare che i capelli diventino bianchi,  per poi tingerli di nascosto, basandoci sulle emozioni. Vogliamo a tutti i costi essere felici. E poi le demonizziamo dandogli la colpa per comportamenti criminali come i femminicidi. Credo che sarebbe un po’ come raccontare che è stato il braccio ad uccidere, o la corteccia motoria che ha dato il via al movimento o la corteccia prefrontale che lo ha pianificato. Le emozioni fanno parte di noi, sono una delle tante tessere del puzzle che messe insieme danno la figura finale. La persona. Siamo costantemente in preda alle emozioni. Piangiamo guardando Titanic, ci arrabbiamo in macchina, guardiamo la partita con la tachicardia. Le emozioni non nascono per caso, ma certi eventi esterni o interni le attivano. Siamo sollecitati in qualche modo ad avere una risposta emozionale. E allora perché accade che le donne vengano uccise dall’uomo con il quale stavano? Perché se le emozioni, più rodate nel corso dell’evoluzione della coscienza, diventano un motore così forte da zittire tutto il resto? Perché un uomo nel mondo 3.0, debba ritenere una donna un oggetto di sua proprietà? Perché deve arrivare a perseguitarla, a farle del male, a ucciderla perché ha scelto una vita senza di lui?  E non parlo di quella tempesta emotiva che ha il controllo in quel momento, ma di cosa abbia scatenato quella tempesta emotiva. Le emozioni quando si accendono hanno un potere enorme. Tanto da non far sentire il dolore, tanto da spingere quella persona oltre limiti che normalmente non avrebbe scavalcato. Nel bene e nel male. Ma perché ad un certo punto si accendono? Che cosa sta dietro ad un uomo che uccide una donna? Si nasconde l’impulsività di una personalità borderline? Si nasconde un passato difficile caratterizzato da maltrattamenti fisici ed emotivi? Si nasconde un’incapacità di amare perché non ha avuto amore? Si nasconde una cultura basata sulla visione della donna come un qualcosa che se non si può possedere si deve distruggere? Ma fa più scena la condanna. Fa scuotere più teste con lo sguardo verso il basso e la bocca leggermente piegata in segno di disappunto sapere che da 30 anni si è passati a 16, e allora focalizziamo la nostra attenzione su quello. Sui fatti accaduti. Io penso ai fatti che ancora continueranno ad accadere, quei delitti che ogni 72 ore si perpetuano. A quel continuo minacciare, rendere emotivamente fragili, perseguitare, una persona che è solo nata con due cromosomi x. Penso a tutte le donne che nel silenzio delle loro case coprono i lividi con il fondotinta, che non possono uscire, che accettano di aver rapporti sessuali controvoglia perché è il loro dovere. E penso che gran parte della cura di questo male sarebbe l’informazione. Ma non quella che trovi su internet, ma quella che dovrebbe emozionare, quella che dovrebbe insegnare. Quella che dovrebbe insegnare il rispetto, la libertà individuale e che dovrebbe capire dove sia presente una situazione di disagio per intervenire. Penso sempre alla scuola, penso a quanto sia inutile sapere se un avverbio è di tempo o di luogo se diventi un uomo che prende a pugni una donna. penso che sia inutile sapere se un pronome sia interrogativo o personale se non si ha una buona autostima. Le sere come questa, avrei voglia di una rivoluzione. Di quelle culturali, che promuovano il senso del benessere, che creino le basi per poter imparare a star meglio con se stessi, da non aver più il bisogno di far male agli altri. Una rivoluzione verso una società attenta alle sue stesse radici, che coltivi con cura tutti i suoi figli. Che prevenga, invece di condannare quando ormai su quel volto le guance non si possono più arrossare.

Ciò che mi spaventa non è la violenza dei cattivi; è l’indifferenza dei buoni.
Martin Luther King.

Non ho mai amato molto la parola femminicidio, è uccisione di un essere umano. E l’interruzione brutale di una vita, ha pari dignità, indipendentemente da chi l’ha persa. Ci sono assassini uomini e assassini donne. Madre natura ci ha fatto un po’ diversi. Fisicamente e cerebralmente. Il portatore di un cromosoma xy ha caratteristiche fisiche connotate da forza maggiore, e nel confronto con la portatrice del cromosoma xx, la seconda solitamente, ne esce svantaggiata. Ma più che di natura, lo svantaggio è socio-culturale. Curiamo la società, sorreggiamo gli individui fragili. Facciamo la rivoluzione.

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