
A Natale puoi. A Natale sei autorizzato ad esser buono. A salutare gli sconosciuti. A sorridere. A Natale puoi.
Ma a me piace la tristezza del Natale. Quella nascosta tra le pieghe della barba di Babbo Natale. Quella che ti porta all’inflessione su te stesso. Il rallentare. Dell’inverno della neve del freddo e dei sospiri ghiacciati.
Del Natale mi piace la riga che inevitabilmente iniziamo a tirare. E non sarà oggi che parlerò di circuiti cerebrali ma di libero flusso del pensiero. Sei stato buono? Avrai il tuo regalo per la tua bontà?
Il Natale ha a che fare con felicità e amore. E di contro con tristezza e senso di non sicurezza. Hai costruito abbastanza? Stai lavorando sulla tua personale rete di persone? Quella che ti salva la vita quando cadi e quella su cui saltare come se fossi su un tappeto elastico quando stai bene. Hai capito quali sono i tuoi bisogni? Sai cosa ti è mancato? Non chi. Cosa. Perché “chi” non deve essere condizione necessaria e sufficiente per poter sopravvivere e vivere e sentire. Sei tu il tuo unico enorme “chi” che può essere condizione necessaria e sufficiente.
Il Natale ha a che fare con noi. Con chi siamo chi vogliamo essere e del delta. Non del Po. Dello scarto tra chi siamo e chi vorremo essere. E la vita non è un eterno gioco dell’oca. Non si torna al via. Ma si può sempre ripartire. Dalla casella IO. E guidare gioco e dadi verso chi vogliamo essere. Verso il Natale perfetto. Che sarà fatto di posti vuoti.
Facciamo anche quello. Piangiamo per chi non c’è più. Io compravo cibo. Perché i regali sono belinate. Il salame si taglia. E si condivide e mi manca non farlo più. Ma lo comprerò lo stesso. Lo metterò in tavola e penserò a quelli che non ci sono più. A quelli che non vogliono esserci stati. Sorridendo a chi c’è.
La malinconia del Natale.
La gioia del Natale.
La rabbia del regalo non trovato. O non ricevuto.
Il vuoto.
I sorrisi.
La scusa per abbracciarsi.
Gli auguri vuoti e quelli pieni.
Il tempo che si ferma per capire
Chi siamo. Cosa vogliamo.
Auguri ❤️